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| Eugène Atget - 1857, Libourne
Perchè Atget? … perchè è un fotografo, il cui lavoro, sensibile e perfettamente imperfetto, ha avuto una grande influenza sui fotografi americani del dopoguerra (Lee Friedlander in primis). Non si può fare street o fotografia di architettura e paesaggio urbano senza conoscere la sua opera. I suoi punti di vista, le sue riflessioni, i suoi personaggi.
La vita e le intenzioni di Eugene Atget sono fondamentalmente sconosciute. Pochi fatti documentati e sono una manciata di racconti non di prima mano a fare uno scarno ritratto dell'uomo. Atget nacque a Libourne vicino a Bordeaux nel 1857. Lavorò come velista durante la gioventu per intraprendere poi una carriera di scarso successo come attore. A 40 anni lasciò il palcoscenico provando, fallendo, a divenire un pittore. L'avvicinarsi alla pittura, però, gli fece scoprire il lavoro della sua vita: la Fotografia. In quegli anni, infatti, la commistione tra fotografia e pittura era fortissima ed alcuni suoi primi clienti furono proprio pittori.
Atget con tranquillità fino alla sua morte inseguendo la sua vocazione. Ad un osservatore casuale le sue fotografie possono sembrare quelle di un qualsiasi fotografo commerciale di quei giorni. Non era un innovatore e lavorò pazientemente utilizzando tecniche già superate quando le apprese e obsolete al momento della sua morte. Non sperimentava, non era un teorico. Non fondò nessun movimento e non appartenette a nessun circolo.
Nonostante ciò produsse fotografie che per purezza ed intensità non sono mai state superate.
Il lavoro di Atget è unico su due livelli: produsse, uno dei più grandi cataloghi sui frutti dalla cultura francese e di Parigi e lo fece in una maniera talmente originale, che il suo lavoro ancora oggi è una pietra di misura col quale confrontarsi.
La sua produzione comprendeva e trascendeva allo stesso tempo l'approccio alla fotografia che avevano i suoi coevi un misto, cioè, di documentazione e espressionismo. Le sue fotografie erano seduttive e solo apparentemente semplici. In esse vive un alone di mistero e verità ed il solo osservarle costituisce una esperienza. Mostrano non solo l’evidenza di una Parigi d’altri tempi, ma anche il raffinarsi di una poetica che procedendo dalle prime immagini pienamente descrittive (in cui la forte luce del mezzogiorno non lascia spazio alle emozioni), giunge a composizioni sempre più accurate e ad uno stile del tutto personale e soggettivo.
Egli rimane, certamente per scelta, fedele fino alla fine al suo pesante apparecchio fotografico 18 x 24 a soffietto ed a un sistema di lenti, il cui assemblaggio modificabile consentiva di cambiare lunghezza focale, ma non di evitare tempi di posa molto lunghi e vignettature. Proprio tali tempi d’esposizione gli consentono di crea...Read the whole post...
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