in itinere - il caffè dei fotografi (la fotografia dell'uomo; human and streetphotography)

GIANFRANCO AYALA, mostra

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RUMBLEBEAT
view post Posted on 24/2/2020, 19:57 by: RUMBLEBEAT
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"GIANFRANCO AYALA. SICILIA SOTTO SOPRA "
Caltanissetta 1948/52, gli inediti del ragazzo che sarà neurologo"

A Roma fino al 1° marzo 2020 - Teatro dei Dioscuri al Quirinale - via Piacenza, 1

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Archivi scomparsi e ritrovati, carriere interrotte e abbandonate. Situazioni che ricorrono nelle storie dei grandi fotografi. Famoso ormai il caso dell'americana Vivian Maier, che in vita non pubblicò una delle oltre centomila foto scattate e trovate casualmente pochi anni fa. È successo anche per la genovese Lisetta Carmi, che a inizio anni '80, dopo l'incontro con la spiritualità indiana, abbandonò la Leica e la Nikon. Una storia che si è ripetuta per Paolo Di Paolo, fotografo preferito negli anni '50 e '60 dal Mondo di Mario Pannunzio, che nel 1968 decide di abbandonare la professione e butta in cantina il suo archivio di 250 mila foto, da dove emerge per caso venti anni fa grazie alla figlia Silvia che cercava gli sci. L'ennesimo caso di archivi scomparsi e riemersi dopo decenni ora è quello di Gianfranco Ayala, giovanissimo fotografo dilettante di Caltanissetta che tra il 1948 e il 1952, tra i 15 e i 19 anni, scatta centinaia di fotografie che ci restituiscono una Sicilia… arcaica ormai scomparsa. È un talento naturale, armato di una Ferrania-Galileo “Condor”, che cattura foto di pura bellezza, sulla città e la campagna, gli adulti e i bambini, sulla fatica, la povertà, il sorriso della vita. Senza formazione specifica, allievo solo di uno stampatore e di ciò che vede, Ayala incrocia senza saperlo le traiettorie del realismo cinematografico italiano, di Cartier-Bresson, degli street photographers americani e degli umanisti francesi. Il ragazzo è amico del ‘professor’ Sciascia; è erede di gestori di solfatare, come Pirandello. La sua storia può essere quella di un racconto di Gesualdo Bufalino, di una vocazione postdatata. E la mostra racconta la storia del giovanissimo Gianfranco Ayala che per volere della famiglia studierà medicina a Torino e negli Stati Uiti diventerà un neurologo e docente di livello internazionale. I negativi delle sue foto e la pellicola di un cortometraggio sulla sua solfatara – anch’esso un gioiello - lo hanno seguito segretamente nei decenni in tutti i suoi spostamenti. La Sicilia di sopra e quella di sotto. Ormai anziano, Ayala a 87 anni decide di far vedere al mondo quei suoi scatti di decenni prima. E questo ragazzo del dopoguerra merita un piccolo posto nella storia della fotografia. "Gianfranco Ayala - Sicilia sottosopra", promossa e organizzata da Istituto Luce-Cinecittà, con il Patrocinio della Camera dei Deputati e del Comune di Caltanissetta, per la cura di Enrico Menduni, racconta in 75 immagini, e nel corto-gioiello del 1952 ‘Solfara’, interamente restaurato, i luoghi, la gente, le atmosfere della Caltanissetta del dopo guerra.
Il percorso espositivo di Gianfranco Ayala- Sicilia sottosopra, è diviso in tre sezioni. Un primo spazio accoglie il visitatore con una sequenza di filmati dell’Archivio storico Luce, dedicati ai temi e ai luoghi che Ayala immortalò con la sua macchina. La prima sala è su "Le persone, le case, i vicoli". Poi la sezione "Piazze e strade, la città, la campagna". L’ultima sala è su "I riti, le feste, la vita sociale".

IL FILM. Ayala è nipote di proprietari di una miniera di zolfo, ‘Giumentarello’, una delle centinaia di solfatare siciliane che fanno della regione la principale produttrice al mondo del minerale. Un’industria che tra Otto e Novecento scrive pagine fondamentali di questa terra. Eppure nei molti esterni da lui impressionati, la solfatara compare raramente. La mostra la racconta però con un documento visivo sorprendente, quasi quanto le sue foto. Il documentario ‘Solfara’ realizzato da Ayala nel 1952, e di recente restaurato, che letteralmente ‘entra’ nel mondo delle solfatare, riprendendo il lavoro dei minatori e dei ‘carusi’ nell’estrazione e lavorazione dello zolfo, e seguendoli nel buio torrido, sudato, stremante della miniera. Un documento di venti minuti che sta al cinema come i suoi scatti stanno alla Fotografia. Un esempio cristallino di realismo, di composizione dell’immagine, di empatia con i lavoratori – di cui il giovane Ayala riuscì a guadagnarsi la fiducia, a ottenere di seguirli con la cinepresa, fino (fatto eccezionale per l’epoca per un figlio di proprietari) a farsi dare da loro del tu. Una gemma storica, sulle reali condizioni di lavoro, sfruttamento, fatica di persone che non avevano diritti; e una gemma di stile, di composizione delle inquadrature, di pietas estetica. Nel pieno vigore del realismo cinematografico, il diciannovenne Ayala lasciava silenziosamente la sua impronta sulla pellicola.
E un altro filmato di decisivo interesse è una video-intervista a Gianfranco Ayala, prodotta da Istituto Luce-Cinecittà, in cui il fotografo – insieme a suo cugino, l’ex magistrato Giuseppe Ayala – racconta la propria vicenda biografica e artistica.

IL CATALOGO. Accompagna la Mostra il catalogo, edito da Istituto Luce-Cinecittà e 40due Edizioni, illustrato dalle foto in esposizione e corredato da scritti del curatore Enrico Menduni, di un grande della politica, del sindacato e del giornalismo come Emanuele Macaluso, memoria storica delle dure lotte sindacali delle solfatare, del giornalista e scrittore Gaetano Savatteri (che sottolinea la pura bellezza della fotografia di Ayala e la accosta all’affascinante epopea dello zolfo nella letteratura siciliana, da Verga e Pirandello a Sciascia e Camilleri), e di Maria Gabriella Macchiarulo, coordinatrice della mostra per Luce-Cinecittà.

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Gianfranco Ayala oggi


Edited by RUMBLEBEAT - 27/2/2020, 18:28
 
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