in itinere - il caffè dei fotografi (la fotografia dell'uomo; human and streetphotography)


 
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EditPosted: 27/5/2013, 21:59
CITAZIONE (RUMBLEBEAT @ 27/5/2013, 18:45) 
un'altra bella mostra che mi sono perso...

... NO NO .... in essere fino al 13 ottobre ....!!!!


I volti, le pietre, la città: Mario Carbone, Emilio Gentilini 1952 – 1985
RUMBLEBEATPosted: 27/5/2013, 17:45
un'altra bella mostra che mi sono perso...
EditPosted: 27/5/2013, 07:53
Mario Carbone

Nato San Sosti (Cosenza) nel 1924, Mario Carbone apprende giovanissimo il mestiere di fotografo - dal ritocco alla stampa, dalle foto-tessera ai ritratti degli sposini, svolgendo un lungo apprendistato prima nella natia Calabria e poi a Milano, dove lavora anche nello studio di Elio Luxardo. Nel 1955 si trasferisce a Roma e inizia la sua attività in ambito cinematografica come operatore, direttore della fotografia e quindi regista di documentari. Per molti anni continua comunque a collaborare con altri registi di non fiction, fra cui Libero Bizzarri, Romano Scavolini e Raffaele Andreassi. Per quest'ultimo cura la fotografia de I vecchi (1959), conquistando così il suo primo Nastro d'Argento.

Con una propria cinepresa, decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali: un'attività quasi volontaria, che prosegue per tutti gli anni sessanta, anche grazie al rapporto che si stabilisce con la Unitelefilm, la società di produzione promossa dal Partito Comunista Italiano. Nel corso del decennio, racconta le lotte operaie alla Zanussi (Uomini nella fabbrica, 1964), l'occupazione delle terre a Melissa, in Calabria (Sedici anni dopo, 1967), la condizione del lavoro contadino (Dove la terra è nera 1966), nonché la rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma nel fatidico 1968.
Oltre che per i documentari di impronta neorealistica, Carbone si fa notare per il linguaggio moderno, da inchiesta giornalistica, dei suoi corti, che affrontano un ampio spettro di tematiche sociali: handicap e malattia (Anche noi parliamo, 1967; Alla fine dell'arcobaleno, 1968), barriere architettoniche urbane (La città ci è nemica, 1962), conflitti generazionali e nuove mode giovanili (Il muro dei giovani, 1961; Capelli fuori legge, 1962; Mini show, 1963).

Nel 1964 vince il Nastro d'Argento con un documentario sull'abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria). Lo stesso anno parte per l'India, dove realizza con Giuseppe Ferrara due film prodotti dall'Eni, cogliendo l'occasione per fotografare scene di vita quotidiana nelle grandi città (Calcutta, Bombay, Madras, New Delhi), ma anche in villaggi sperduti. Alcune di queste foto, sono state riproposte nella mostra e nel volume "Paralleli. India-Italia anni Sessanta" (Gangemi, 2006).
Nel 1967, conquista il Leone d'Argento alla Biennale di Venezia con Firenze, novembre 1966, folgorante testimonianza in bianco e nero sulla drammatica alluvione, confezionato con testi di Vasco Pratolini letti da Giorgio Albertazzi. Come altri documentaristi della sua generazione, Carbone ha coltivato la passione per un cinema capace di eleggere a soggetto l'attualità sociale e civile, ma anche quella culturale: l'arte, la letteratura, la musica e il teatro.

Già nel 1960, Carlo Levi gli chiede di accompagnarlo in un viaggio in Lucania per documentare fotograficamente i luoghi del suo Cristo si è fermato a Eboli. Carbone scatta circa quattrocento foto, alcune delle quali confluiranno poi nel libro "Viaggio in Lucania con Levi" (1980) e nel documentario dedicato allo scrittore-pittore, Omaggio a Carlo Levi (1983). Sempre nel 1960 sceglie Franco Angeli -uno degli artisti della cosiddetta scuola di Piazza del Popolo, con il quale all'epoca Carbone divide lo studio, come soggetto e protagonista del suo primo cortometraggio: Inquietudine.

Grazie a questo a lavoro di docu-fiction, Cesare Zavattini lo invita a collaborare, in qualità di operatore e regista, al film-inchiesta, a più mani, I Misteri di Roma (1963), in cui quindici giovani autori raccontano la vita di una città travolta dall'esplosione demografica e dal boom economico. Si moltiplicano i documentari dedicati agli artisti, grazie al rapporto personale che Carbone stringe con alcuni di coloro che a Roma gravitano fra via Margutta e Piazza del Popolo (Renzo Vespignani, A. Raphaël Mafai, Titina Maselli, Tano Festa) e grazie anche all'impegno di sua moglie, Elisa Magri, che fra gli anni 60' e 70', dirige la galleria d'arte Ciak.

Con una casa di produzione fondata ad hoc, la DARC, Carbone realizza serie divulgative destinate alle scuole (Attraverso l'arte moderna, 1979), programmi per la tv (Astisti allo specchio, a cui partecipano maestri di generazioni e scuole diverse: da Enrico Baj a Mimmo Paladino, da Carla Accardi a Mario Schifano), ma anche documentari legati a singoli eventi artistici.
Nel 1970, si reca a Milano dove, in occasione del decennale della costituzione del Nouveau Réalisme, diversi esponenti del gruppo - fra cui Christo, Mimmo Rotella, Niki de Saint-Phalle, Cesàr, Arman, Spoerri, Jean Tinguely e il critico Pierre Restany- si esibiscono in una serie di performance, destinate a sovrapporsi a un corteo di operai, come Carbone sceglie di sottolineare.
In questi lavori, non rinuncia mai a scattare qualche foto, riuscendo talvolta a eseguire, nell'ambito di un unico progetto, un duplice lavoro di documentazione foto-cinematografica. E' quanto accadde nel 1977, in occasione delle Settimana internazionale della Performance alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, dove con entrambi i media segue, fra gli altri, gli interventi di Marina Abramovi? e Ulay, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Vettor Pisani.
Nel corso degli anni Novanta, con la fine di Astisti allo specchio e quando ormai l'elettronica sostituisce definitivamente il cinema documentario, Carbone è costretto a chiudere la sua casa di produzione e a disfarsi delle sue preziose macchine da presa e moviole. Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le ricerche e gli eventi espositivi legati al lavoro di Mario Carbone, il suo straordinario archivio foto-cinematografico attende tutt'ora di essere adeguatamente valorizzato in maniera organica. ( fonte )

Mario-Carbone-Locchialaro-1956-piazza-trilussa-courtesy-of-the-Artist-150x150Mario-Carbone-AllIsola-Tiberina-1956-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-Via-Veneto-1958-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-Pescatori-di-telline-Ostia-Torvajanica-1957-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-Pellegrini-a-piazza-san-pietro-1958-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-Operai-in-pausa-a-piazza-del-Popolo-1957-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-Al-Vero-Albano-1956-courtesy-of-the-Artist-150x150 Mario-Carbone-a-Faleria-nel-2007-foto-Manuela-De-Leonardis-150x150 La capitale è particolarmente affascinante nella seconda metà degli anni Cinquanta: sembra che tutti i riflettori siano puntati sulle sue vie, frizzanti di cambiamenti. Il dopoguerra è già lontano, si respira aria nuova. Qualche anticipazione del boom economico che di lì a poco avrebbe cambiato il volto dell’Italia. Carbone vi arriva nel 1955, da emigrato:

“ebbi la fortuna di capire che il fulcro di questa città era piazza del Popolo.”.

Il fotografo trentenne ritrova gli amici di giovinezza conosciuti a Cosenza, come Aldo Turchiaro, allora allievo di Guttuso e Mimmo Rotella, entrando con loro nella cerchia degli artisti di piazza del Popolo: Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli con cui divide, per un certo periodo, lo studio all’ultimo piano di via Leccosa. A Roma, poi, conosce la futura moglie, Elisa Magri, che iniziava in quegli anni l’attività di gallerista, proprio vendendo in via Margutta i quadri di Marcello Muccini, Ugo Attardi, Piero Guccione.

Anche all’epoca non era così facile trovare un lavoro, ma Carbone aveva alle spalle un’esperienza professionale iniziata all’età di 13 anni, nel 1937, in uno studio fotografico di Cosenza. E’ sempre stato molto abile in laboratorio: sa sviluppare, stampare, ritrarre, ma anche ritoccare le fotografie. Qualche soldo, perciò, lo guadagna subito anche a Roma, collaborando con vari studi fotografici di via Veneto e via del Tritone proprio come ritoccatore di fotografie. In quel periodo piazza del Popolo era veramente accogliente:

“Si riusciva a vivere con poco, ricordo che pur guadagnando saltuariamente potevo comunque vivere in centro, prendendo una stanza in affitto in via Margutta o in via del Babuino. Oggi sarebbe impossibile.”

Non era difficile, poi, mangiare un piatto caldo in una delle tante osterie del centro, per lo più a gestione familiare, dove l’ospitalità è sacra. Insieme a Turcato, Pirro, Pontecorvo, Mafai, Consagra e tanti altri, anche Carbone va spesso a mangiare al ristorante dei fratelli Menghi, all’inizio di Via Flaminia, l’Osteria dei Pittori del racconto di Ugo Pirro

“Alcuni di noi avevano i soldi per pagare, io ed altri miei amici gli davamo qualcosa solo quando guadagnavamo. C’era una grande fiducia. Altre volte, invece, si andava al Ristorante di Mondino, conosciuto come Vero Albano, in via della Penna, anche lui faceva credito. Poi c’era la trattoria di Maccari in via della Croce frequentata anche da Antonioni e al Bulgaro” in via di Ripetta.”.

Nel tempo libero Carbone coglie l’occasione per andare alla ricerca di scorci nuovi della città e, nello stesso tempo, di volti che li attraversano.

“Andavo a piedi dove arrivavo, da San Pietro a Trastevere.” Una scoperta continua, entusiasmante. E’ un passante tra i passanti, non un paparazzo. Ha un’abilità cinematografica nel raccontare luoghi e momenti. “La mia fotografia è puntata sull’uomo. Quando posso cerco di rubare le fotografie, perchè altrimenti non riesco a catturare l’espressione. Anche quando ero in studio cercavo di rubare le fotografie.”

Nei suoi scatti romani – fotografie spontanee nate dall’ispirazione del momento – troviamo realtà curiose, distanti anni luce dal presente. All’Isola Tiberina una coppia litiga animosamente: i loro gesti parlano più delle parole; i muratori in pausa pranzo sui gradini del piedistallo dell’Obelisco in piazza del Popolo; la modella in abito da cocktail in Via Francesco Crispi sul set improvvisato per la strada, tra i passanti che osservano la scena; il volto sorridente del padre di Mondino, fuori dalla trattoria del figlio in Via della Penna. Qui, tra le mura del Vero Albano è stata scattata una delle fotografie a cui Mario Carbone è più legato. (fonte)